1. |
V e n t i m i g l i a
01:56
|
|||
...- . -. - .. -- .. --. .-.. .. .-
¿Qué haces, mi vida?
Ho perso il ritmo nella marcia.
Apri le braccia apri le braccia
apri le braccia apri le braccia
apri le – Aquí está la salida.
Per preservarmi
dal panico dei passi
portavi avanti
dissertazioni brevi
sulla necessità ginnica
di tacere il battito –
nella lotta, ovunque andassi,
portavi giù le maniche
fino all’orlo: dicevi
“agitarsi è tutta
una questione di polso”:
ci vuole la giusta
inclinazione.
Adesso bevi.
a denti stretti – a denti stretti
avviso a tutti gli aventi
diritto – a tutti gli aventi
avviso a tutti –
a viso aperto – a denti stretti
a venti – miglia dal confine
finestre sbattono storte: si dice
siano perquisizioni, profezie
in codice morse;
a denti stretti – a denti stretti
i loro vetri sono stelle cadenti.
No tengas miedo, cariño.
A venti miglia dal confine
non ci sono segni
di colluttazione; non ci sono tetti.
Sai, da laggiù si vedono
tutte le volte celesti;
ricordi tutte le volte
che nel sonno
ci siamo rotti
e redenti?
|
||||
2. |
||||
La fiducia piegata e riposta
nella merce brutta, pregiata,
spinta sul legno, è una lisca
– scialuppa sgraziata.
Da un’ora appena
la sua bocca non parla
da un lato all’altro della faccia
sta zitta, deforme, slabbrata.
“Io so di cos’hai bisogno
– tu aneli a un nuovo anelito di vita –
una nuova serpe che morda i polpacci
e che faccia scattare le membra:
fischia l’arbitro l’inizio partita!
– e tutti assistiamo, benché conosciamo
benissimo l’esito – ognuno a suo modo –
il gioco è truccato, non hai letto il copione?”
HANNO MESSO UNA BOMBA
AL MERCATO CENTRALE!
HANNO MESSO UNA BOMBA
AL MERCATO CENTRALE!
Anna fa la bocca linea
e se cammina storta
è per la fuga indotta
per la resa fulminea
dei muscoli-ipotesi;
“Forse è meglio se ti metti in fila
e stai buono, con te ho appena iniziato.”
Fissa il muro fra le cataste di prodotti,
le zucchine i pomodori i ravanelli
e prova il nuovo ketchup biologico
sulla ferita aperta.
Anna rinviene una traccia,
solleva uno straccio,
solleva il diaframma:
questa cosa che freme
poco sopra a dove si mangia
– parlano le ricetrasmittenti alle volanti,
il polso tace
un andirivieni di ambulanze e di stampe.
“Il nostro è uno sporco lavoro
ma qualcuno lo deve pur fare”
dice la guardia con una voglia matta
di violazione dei diritti umani negl’occhi
“e poi insomma, se non consumi
che cazzo vivi a fare?”
AL MERCATO DEL NORD
PER DUE SOLDI
PORTA PALAZZO MIO PADRE COMPRÒ
E venne il capo
che aprì un locale
che cacciò l’arabo
che occupò la casa
vicino al banco
che al mercante
mio padre affittò!
Anna non guarda i colori,
lei guarda la stoffa.
Credeva all’arancia per terra,
all’anguria aperta
«l’unica buona da far assaggiare» diceva;
credeva, con tutta se stessa,
all’omuncolo grasso che strilla dal banco.
Questa cosa va capita
perché sussurra
e muove gli scacchi.
Questa cosa càpita,
va trattata a dovere
pigiata nei sacchi
finché non la smette
d’estendersi, piana.
Dalla coperta isotermica
spuntavano un paio di gambe
– le scarpe rosse, allacciate.
Un grande fuoco si è preso
il suo altare di legno
e se non cammina
è perché adesso qualcosa
la tiene, la indossa.
Sputava, sputava, sputava
tra i carri, la frutta e la piazza
l’odore di shisha e di menta,
lei aspetta
la giusta marea
smuove l'orgia
dei panni ammassati
sfiora l'onda
che l'aria preme
a fatica
e non salpa.
Anna ne ha di stoffa,
da vendere.
Le casse amplificano il battito
al rallentatore – ecco, mi sto sbloccando
ma non sono pronta, non sono pronta,
non sono ancora pronta, cazzo!
Dice: il mio posto
è già questo
“para qué necesito pies si tengo…”
dice con le mani,
con le mani ci si salva.
Devo prendere prima un altro pezzo
e metterlo sul nastro trasportatore
farmi spazio tra le occhiate e le risa,
le cascate di riso basmati e pepe rosa,
allora mi volto e tutti hanno un volto
fuori misura, il naso al posto dell’orecchio
e gli occhi sulla fronte, che ognuno di loro
scambia di volta in volta come pass-par-tout
ed io non ho che questa sola faccia
insieme a quella di riserva in dotazione
per le occasioni speciali.
Ci si salva con le mani
frugando,frugando ci si salva.
Si tira su
qualcosa: si annaspa.
Adesso chiede
decisa: “dove mi porta?”
– nessuno la ascolta.
Ma questa è un’impostura
dentro l’impostura: è una matrioska
e tu hai bisogno di un nuovo soggetto
– un nuovo osso da succhiare.
Anna non vede i colori:
lei sente la stoffa,
fruga i morsi del vento.
Sulla sua testa un foro largo
si apre, ne esce il sangue.
HANNO MESSO UNA BOMBA
AL MERCATO CENTRALE!
HANNO MESSO UNA BOMBA
AL MERCATO CENTRALE!
poi – mi guardo attorno, le macchine
dell’aria condizionata sono guaste,
tutti questi prodotti stanno marcendo
e i clienti qui dentro stanno sudando,
il volto cubista di prima ora è un volto
espressionista dissolto, allora vorrei solo
rompere il vetro della porta scorrevole
e fuggire lontano con il maltolto
ma devo ancora attendere
– devo ancora aspettare
che venga il mio turno
che venga il mio turno
che venga il mio turno di uscire a fumare.
|
||||
3. |
||||
Certificati d’esistenza per animi incendiari:
vuoti d’essenza, nell’assenza di un pensiero,
farsi posto, Vergine, fra le macchine.
Seminari d’ignoranza per antiparassitari
e pranzi a ferro e fuoco, le prossime domeniche.
Amico ti ringrazio per la solitudine,
perché sostando ho trovato la scrittura
e con essa mi sono riappropriata del pensiero.
Madre ti ringrazio per gli schiaffi ed i rimproveri
seguiti dai “ti voglio bene”,
perché così ho imparato l’alternanza
di gesti e parole.
Amica ti ringrazio per i baci
seguiti dai “lasciamo perdere”
– seguiti dalle lacrime, dai “riproviamoci” –
“è stato un errore”.
Certificati d’astinenza per gli orgasmi mancati
radunarsi spiccioli sotto un’unica voragine
seguita dal freddo delle costellazioni e dai Pianeti.
Ora spingi il carrello del supermarket,
scegli quello che duri di più e costi meno,
spingi la faccia contro il cartello della mostra:
l’Arte è un cadavere e noi celebriamo il suo funerale
l’amore è guasto corrotto insicuro,
per te questo è marketing e non morte precoce.
Ma quand’appiccheremo l’incendio, non avremo più
nessuna parola!
nessuna parola!
nessuna parola!
nessuna parola per descrivere adeguatamente
il piacere sottile che taglia la carne,
la mia pelle brucia e scoppia e ribolle.
Bile cola sul marciapiede,
unita alla vertigine di un pensiero vergine:
“Chissà cos’ho provato quando venivo al mondo?”
Quando non trovavo le parole per l’ingombro,
né per questo senso di perenne farabutto
coito erosionale interrotto che sale.
La mia nascita
dev’essere stato l’orgasmo migliore di mia madre
(per questo lo ricorda così bene).
Ecco le sirene cantare
(mi riportano da dove provengo):
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
In ospedale.
Ti prego, Amìr, non farmi morire.
Ho bisogno di te. Ne ho bisogno adesso.
Ti porto a scoprire le opere di Ziba Karbassi,
ti porto a sentire la suite di Chopin,
ti porto a… ti porto… ti_|
***
Certificados de existencia para índoles pirómanas:
huecos de esencia, en ausencia de juicio,
encajarse angelical entre los coches.
Seminarios de ignorancia para pesticidas
almuerzos sangre-y-armas los próximos domingos.
Amigo, te agradezco la soledad,
porque en el atasco encontré la escritura
y junto a ella recobré una idea.
Madre te agradezco los golpes, los reproches
precediendo los “te quiero”, porque así aprendí
la alternancia gesto-palabra.
Amiga te agradezco los besos
precediendo los “dejémolo”, precediendo el dolor,
los “volvamos a intentarlo” – “ha sido un error”.
Certificados de abstinencia para orgasmos fallados
apretujarse diminutos en la única hendidura
perseguida por el frío de las estrellas y planetas.
Ahora empuja el carrito del supermarket
elige lo que más tiempo dure y menos cueste
presiona tu cara contra el cartel de la exposición:
el arte es un cadáver y aquí celebramos su funeral
el amor está roto, suicio, precario
para ti esto es marketing y no muerte precoz
Mas cuando apliquemos el incendio ya no tendremos
¡ninguna palabra!
¡ninguna palabra!
¡ninguna palabra!
ni una palabra
para decir debidamente el placer
sutil que hiende la carne
mi piel arde – explota – hierve.
Bilis llueve en la acera junto
al vértigo de una vírgen idea:
¿Quién sabe qué sentí al entrar a este mundo?
Cuando no se me ocurrían palabras para el agobio
ni para esa sensación canalla
de erosional coitus interruptus que sube.
Mi nacimiento
debe de haber sido el mejor clímax de mi madre
(de ahí que lo acuerde tan bien).
Aquí vienen las sirenas cantando
(me devuelven al lugar del que vengo)
¿Quiénes somos? ¿De dónde venimos? ¿Hacia dónde vamos?
Al hospital.
Te ruego, Amir, que no me hagas morir.
Te necesito. Te necesito ahora.
Te llevo a conocer las obras de Ziba Karbassi
Te llevo a escuchar la suite de Chopin
Te llevo a… Te llevo… Te|
|
||||
4. |
M o l o c h
03:11
|
|||
Eccomi, madre: io sono
la cerva di Artemide
e dolgo i peccati del mondo.
Scatta dunque quest’ultima
freccia, leva al cielo la lama,
ché per troppa mia gioia o
furore feristi la tua dignità.
Quel che hai fatto, l’hai fatto
per me – ciò che hai perso,
l’hai perso per me:
mi ci hai messo e dal mondo
mi togli, tu creasti e distruggi.
[Seduta a sorseggiare Pinot da un tumblero
sventolando la vecchia vestaglia attendeva
io tornassi: un’insonne figura faceva quasi
(spavento, quasi) - in cucina - (e tenerezza)
nel buio era spettro il suo sogno, il bisogno]
: “Chi t’amerà se non io
e chi se non il tuo petto può offrirmi il colostro?”
Una vacca muggiva furiosa stamane
– il capo fermo, tenuto alla sbarra –
e due uomini irsuti all’ingrasso
scortavano il piccolo nato da poco.
Chissà tu a che pensavi
discendendo
io le tube uterine
e di lì più in avanti
mio padre accasciando
sui fianchi
nella suite dell’albergo in Emilia.
Nello studio trattiene la mia collezione di premi,
un avanzo dei semi innaffiati (il guadagno pei
giorni sprecati a drizzarmi). Ma io storta correvo
e fu tale lo scarto da non starci più dentro, più
accanto. Ogni sera mi chiama, cianciamo: reclama
“Io per terza t’ho detto mia madre e tu figlia!”
Eccomi madre: io sono
il bambino per Moloch
– all’altare mi ci offro da solo.
Una spada mi squarta la gola:
ho gridato, vi ho detto fin troppo.
La parola di carne è indulgenza,
se vi salva la parte il mio dono.
Simil prole non vuole dolore,
la mia faccia non regge il mutare:
se crepare mi lascerà uguale,
io m’ammazzo!
Brindate voi a questo olocausto:
Per Moloch! Per Moloch!
“Non si scelgono i figli e neppure i parenti”
dicesti, un mattino d’estate. Io diversa da te
non potevo che prenderne parte. Sappi solo
che i giorni trascorsi non tornano intatti, rinati:
non ci rassomigliamo nei gesti. Sono altro da te
– non migliore, diversa soltanto – nuov’ortaggio
“Io il tuo latte lo accetto”.
|
||||
5. |
M a t r i a
06:09
|
|||
M’hai detto e so
dei tuoi martiri
l’intermittenza
il rito asettico,
la cosmesi e il resto.
M’hai lasciato
la malattia come
dato certo, calcolato:
è gesto – riproducibile –
una lisca che s’infila nel sesso.
“Ti verranno a prendere,
adesso guarda bene:
sotto ad ogni segno
il muschio, le vene”.
Mi spoglio sempre
piano – trattengo
il battito – faccio
in modo d’aver
di fianco – lo spazio
per il sipario.
M’hai dato
la nascita-impresa:
ripresa, reiterata,
riconducibile
alla scena.
Le zone d’ombra
innocue
le ornamentali e poche
figure astanti;
la croce.
Non penso
che ai bordi
del maggio
in cui finivi
non risorta
fatta sputo
materia.
Prendo spunto
dai giorni
– mentivi? –
applico il prezzo
del canto, alla lingua
il lento drenaggio.
Ritratto.
Non so più
la sfilza delle cose
così come cade
dal petto, non cerco
più case né assedio
e resto adiacente
la luce; la scorro
così come scuote
da tempo il fiato
lo spago.
Non tengo più
la mano sul fuoco;
ho già speso
dell’uso i sintomi,
appreso lo schema.
Non sento – le ossa
trema – la folla.
La prognosi è
generica, riservata
ai fonici – tu smetti
la voce, il capitolo:
la morte è reato
grave e diffuso.
Ho chiuso
spostando il braccio
una serie di strade
e fatica – tanta – e il latrato
rimane una spinta
dinastica – è magra
la scritta – la figlia rimasta
e mastica – mastica – mastica.
|
S p e l l b i n d e r Turin, Italy
s p o k e n w o r d
m u s i c
m a c h i n e
⋆ m a d r i g a l e
r e l e a s e
1 5 t h
a p r i l 2 0 2 0
Streaming and Download help
If you like S p e l l b i n d e r, you may also like:
Bandcamp Daily your guide to the world of Bandcamp